lunedì 8 giugno 2009

Il musical dei barbari

Ho assistito l'altra sera ad un musical recitato da adolescenti. Uno dei tanti che in queste settimane concludono l'ìtinerario di un anno e la cui importante funzione è rivivere e testimoniare il senso di un percorso.
Il musical è andato bene. Deliziosa l'interpretazione, curati i balletti; anche la parte tecnica, realizzata come sempre in economia, non ha avuto smagliature e tutte le parole si sono potute ascoltare; i ragazzi avevano realizzato una lotteria per finanziare l'iniziativa e una vendita di popcorn, patatine e aranciata che hanno fruttato quei trecento euro per pagare l'affitto della strumentazione e il materiale per le scene. Al termine l'inatteso fuori programma di una bella lettera per ringraziare gli animatori, scritta a loro insaputa, dagli stessi ragazzi.
Sulla scena, tutto ok, insomma.
Conosco abbastanza bene quei ragazzi e molto i loro animatori. Commentando il lavoro svolto in questi ultimi due mesi, la loro animatrice mi raccontava di un tipico setting di prove: tutti che parlano contemporaneamente, tra di loro e con altri. Continue interruzioni per l'irrinunciabile telefonino che non si limita a squillare, essendo ampiamente utilizzato anche per chiamate uscenti fatte di iniziativa dagli attori anche nel bel mezzo di una scena.
Sono cose note ai più, i quali più si fanno una domanda: come si concilia un modo di lavorare così dispersivo (e snervante per gli animatori) con un risultato così palesemente buono? Il grado di coinvolgimento dimostrato con la recitazione, il balletto, la lettera, eccetera, con il totale disinteresse per la produttività delle sessioni di prova?
Le risposte, per fortuna, vi sono; e ai più che si sono posti le domande di cui sopra, segnalo il libello che le riepiloga nel modo a mio avviso più semplice e intrigante: I Barbari, di Alessandro Baricco. Baricco è uno scrittore al quale la sovraesposizione mediatica, dovuta al suo modo di coniugare la scrittura allo spettacolo, non ha tolto il singolare fiuto di annusare dove tira l'aria. Per questo, ne consiglio senz'altro la lettura (comprandolo qui, oppure qui - la pubblicità aiuta Animare.it, abbiate pazienza!) a tutti quelli che si sentono fuori posto in questo mondo e a quelli che non hanno ancora deciso da che parte stare, attratti dal nuovo ma impauriti dalle conseguenze che il nuovo porta con sè.
In due parole: qual è la risposta?
Fondamentalmente, la questione è che questo è il modo di impegnarsi, di lavorare, di esistere di questi ragazzi. Anzi, questo è ciò che stiamo diventando anche noi, ogni giorno di più senza accorgercene. E' una prospettiva che può spaventare o farci provare la psicotica allegria di Nerone davanti alle fiamme di Roma; è una prospettiva che deve innanzitutto rimettere in discussione le nostre prassi di animazione e il nostro modo di sentirci in mezzo ai ragazzi.
Si attendono commenti ed esperienze per ulteriori riflessioni.

3 commenti:

  1. Il fatto è che alla fine dell'anno, quando ti sei dedicato "anima e cuore" e ti sembra di aver dato fondo a tutto per il tuo gruppo vorresti raccogliere qualche frutto, magari un pò di impegno, di buona volontà, ecc. ecc. E, invece, si tratta di ricomincire sempre, di andare oltre le proprie attese, di guardare di nuovo a loro e a quello che vogliono dirti come esigenze di crescita. Non ci si può mai fermare con i ragazzi: croce e delizia dell'animatore.

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  2. Io penso che la difficoltà più grossa sia gestire e valorizzare questa differenza, con la necessità di dover fornire loro non sedie e scrivanie, ma dei surf per aiutarli a saltare sulle onde di quello che vivono e pensano su qualcosa, con l'incertezza continua di non riuscire a raccogliere nulla.
    Metodologicamente, significa tra le altre cose inventare delle modalità stimolanti e interessanti per raccogliere il feedback su quanto si stiano interrogando su qualcosa; credo che il musical tra le altre cose abbia avuto questa funzione per i loro animatori che hanno visto confermata la validità del loro lavoro anche a fronte di un anno di incertezza.
    Un abbraccio
    Gianni

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  3. a volte il feedback avviene anche dopo anni e anni, come il chicco di frumento che cade nlla terra e poi rinasce..l'importante è seminare!

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